“sono ingrassata molto, provo sempre a stare super a stecchetto, facevo lunghi digiuni per cercare di rimettermi, però non mi sento bene. Mi guardo allo specchio e mi sento che faccio schifo, mi guardo allo specchio e penso che sono una fallita”
“c’è stato un episodio molto triste che è stata la morte di mio fratello che circa quattro mesi fa si è ucciso, mi sveglio e sono sempre giù, sono sempre stanca, sono sempre svogliata su tutto… ho anche un po’ paura perché mio fratello beveva, a me ogni tanto capita quando sono giù di bere un bicchierino di troppo”.
Queste sono le questioni portate ai counselor non psicologi.
Grazie alla video-inchiesta, per la prima volta scopriamo cosa avviene nello studio di un counselor non psicologo. Per la prima volta possiamo andare oltre le mille parole che vogliono descrivere il fenomeno del counseling non psicologico e toccare con mano la realtà dei fatti. Nel video siamo di fronte a una persona in difficoltà che portava dei problemi importanti (depressione e disturbo alimentare) che venivano gestiti dai counselor non psicologi in modo del tutto approssimativo e inappropriato, quasi da “chiacchierata al bar”.
Assocounseling afferma che “il video è un mix di informazioni errate e di immagini montate ad arte” e si domanda “cosa dovrebbe fare AssoCounseling? Infilarsi nello studio di tre psicologi cialtroni per dimostrare che tutti gli oltre 100.000 psicologi sono dei cialtroni?”.
Intanto, a leggere i commenti successivi al comunicato di Assocounseling si scopre che questa inchiesta ha suscitato tanti malumori nel mondo dei counselor non psicologi e mentre alcuni ponevano l’attenzione sul metodo (“è una montatura”) altri si allineano a definire i protagonisti del video come “incapaci”, “cialtroni” o “vergognosi”.
Se i counselor non psicologi avessero approfondito bene e si fossero comportati meglio nella gestione di questo cliente/paziente sarebbe tutto normale e corretto?
No. Probabilmente sarebbe peggio, molto peggio, ma di questo sembra non accorgersene nessuno. Guardando il video risulta chiaro che siamo di fronte a una persona che racconta delle potenziali psicopatologie che possono essere o divenire fortemente invalidanti e pericolose.
La finta cliente/paziente porta delle situazioni da manuale (fin troppo lineare, difficilmente i pazienti ci indicano così esplicitamente le proprie situazioni) riconducibili a potenziali psicopatologie franche. La seconda situazione riportata (quella del fratello suicida e della depressione) è stata presa proprio dalla traccia dell’esame di stato per diventare psicologo.
Nessuno dei commenti dei counselor non psicologi ha espresso almeno il dubbio che tale condizione deve essere diagnosticata dallo psicologo e trattata da uno psicoterapeuta. Nessuno. Come se fosse naturale che tali situazioni si presentino nei loro studi.
E non finisce qui. A rincarare la dose, all’inizio del video un responsabile di una scuola di counseling, probabilmente sollecitato da qualche domanda, afferma che “mentre nel mondo accademico standard universitario in psicologia è molto teorico, nel senso che si studia molto, una scuola di counseling invece ha un approccio molto più pragmatico”. Come dire che non vi è una differenza negli atti tra counseling e psicologia ma solo che lo psicologo studia tante teorie, al counselor, invece, gli si insegna fare.
Quindi la questione diventa dirimente e i casi sembrano due: se fai counseling e non sei psicologo o sei un “cialtrone” come definisce assocounseling i tre protagonisti della video-inchiesta o, se non lo sei, allora il rischio di commettere abuso di professione trattando psicopatologie è dietro l’angolo.
Ciò che racconta questo video penso sia la scoperta dell’acqua calda nel senso che mi sembra assurdo che esistano dei corsi per counselor. Pseudoscuole che propongono una pseudoformazione superficiale e non regolamentata. Ciò che ritengo grave è che i formatori sono persone che non hanno le competenze ed ancora più grave, dal mio punto di vista, quando i formatori sono psicologi. Questi colleghi hanno una grande responsabilità su questo fenomeno e gli ordini professionali già da anni avrebbero dovuto attivarsi per difendere la professione dello psicologo e redarguire i colleghi che si occupavano di formare tali figure al fine di dissuaderli. Il paradosso è che oggigiorno molti psicologi e psicoterapeuti sono disoccupati, sottoccupati e sottopagati.
A prescindere dall’esistenza del problema, che è certamente esistente, la categoria degli psicologi dovrebbe a mio avviso reagire non screditando la categoria dei counselor non psicologi, bensì migliorando la formazione stessa nel settore. Purtroppo i percorsi universitari in psicologia sono forse i più semplici dal punto di vista della mole di studio, impegno di frequenza ecc. (e parlo con cognizione di causa). Con il risultato che una laurea in psicologia è sempre più alla portata di tutti. Questo spiega perché tantissimi psicologi pensano che sia sufficiente annuire continuamente al paziente che parla di sè per ottenere un qualche risultato. Come se la loro posizione professionale dipendesse da una qualche superiorità morale acquisita non si sa come, invece che da una cultura professionale che purtroppo in realtà non hanno. Molti degli psicologi professionalmente validi lo sono grazie ad un’umanità e ad una “bellezza” interiore di cui sono dotati a prescindere dagli studi fatti.
Così i percorsi di psicoterapia durano spesso anni senza mai portare dei risultati, e in questi casi la domanda è: ma gli psicologi ignorano davvero le teorie junghiane sui percorsi brevi o brevissimi? E se ritengono che i loro casi abbiano una problematicità tale da richiedere svariati anni per giungere a una soluzione, perché non hanno l’umiltà sin da subito di inoltrare il paziente ad uno psichiatra?
Da qui, forse, la delusione di tanti pazienti che li spinge ad approdare ad altri lidi
Questo risultato è conseguenza di un’altro problema, cioè le scuole di Psicoterapia di ogni tipo, per cui si licenziano psicoterapeuti che, oltre alle conoscenze teoriche, non fanno la propria analisi personale, o la fanno in modo abbreviato, lasciando percepire poca differenza successivamente, fra il loro approccio al paziente e quello di un counselor autodidatta.
Mi trovo in completo disaccordo con il commento dell’utente “Meg”.
Se ci sono troppi psicologi è dovuto al fatto che le facoltà di Psicologia non sono a numero programmato come tutte le professioni sanitarie. Se ci fosse l’accesso libero a Medicina saremmo pieni di Medici e così via.
Per quanto riguarda le competenze sappiamo tutti che i confini della professione dello Psicologo sono “sbiaditi” e quindi non si capisce bene quali siano le competenze “specifiche” degli Psicologi. Sì perché una delle cose curiose è che quella dello Psicologo, pur essendo una Professione con Esame di Stato e Ordine Professionale… non ha “atti tipici”. Ergo: se non sono farmacista non posso vendere farmaci, se non sono medico non posso fare ricette, ma se non sono psicologo…posso fare lo psicologo, dando un nome di verso a ciò che faccio..
Il Dott. Grimoldi quando era Presidente dell’Ordine della Lombardia ha lavorato e insistito molto su questo punto
Per Meg: non credo proprio che Psicologia sia alla portata di tutti! Casomai parla per altre facoltà come scienze della formazione, lettere, filosofia, ma psicologia comprendeva ai miei tempi esami dell’area scientifica. Io personalmente considero un esame di biologia o di fondamenti anatomo- fisiologici dell’attività psichica (e al.) Ben più impegnativi di esami come filosofia, pedagogia, letteratura ecc….! Oltretutto ai miei tempi richiedevano la frequenza obbligatoria!
In quanto al counseling sono d’accordo con Pi. Non esistono ancora tutele efficaci per il professionista psicologo.
Mi trovo completamente in disaccordo con l’utente Meg…
“non screditando la categoria dei counselor non psicologi”
Più che “screditare” è un non riconoscere una professione che non esiste: il counseling fa parte delle attività dello psicologo (a riguardo ci dovrebbe anche essere qualche sentenza della Cassazione…)
“Purtroppo i percorsi universitari in psicologia sono forse i più semplici dal punto di vista della mole di studio, impegno di frequenza ecc. (e parlo con cognizione di causa)”
Scusa, ma forse il TUO percorso è stato così: non screditare quello degli altri!
“se ritengono che i loro casi abbiano una problematicità tale da richiedere svariati anni per giungere a una soluzione, perché non hanno l’umiltà sin da subito di inoltrare il paziente ad uno psichiatra?”
Quindi, secondo te, certe problematiche psicologiche sono di competenza del medico psichiatra? Quali? E cosa farebbe, di grazia, lo psichiatra se non prescrivere farmaci? I farmaci possono guarire una problematica psicologica? Oppure lo psichiatra fa psicoterapia proprio come uno psicologo psicoterapeuta? Di cosa stiamo parlando?
Credo che Meg non sia molto informato su Psicologia e psicoterapia…