Ancora una volta, siamo di fronte alla annosa questione della differenziazione tra counseling (non psicologico) e psicologia. Senza volerne fare una questione ideologica proviamo a entrare nel merito e a comprenderne gli elementi e le forze in campo.
Circa 3 anni fa scrissi cercando di definire il counseling giungendo alla conclusione che questa attività fa parte degli interventi psicologici.
Sebbene quel ragionamento mi sembra semplice e lineare, siamo ancora di fronte alla diatriba psicologia vs counseling-non-psicologico, grazie anche al nostro Consiglio Nazionale. Tutto questo per quale motivo?
Dalla mia esperienza di questi anni, dalla commissione tutela dell’Ordine della Lombardia passando per la mia attività politico-professionale fino al tavolo UNI sul counseling relazionale, compresi anche gli studi e le ricerche sul fenomeno, sono giunto alle seguenti motivazioni.
Il primo motivo è proprio degli psicologi. Alla base di tutto c’è una vecchia idea della psicologia, ma aimè, siamo una nazione di anziani (ve ne sarete accorti, altrimenti guardate le statistiche OCSE che ci mettono al secondo posto al mondo per anzianità della popolazione).
Peccato che se parliamo di cura parliamo di psicoterapia e non di psicologia. Questa idea vetusta di psicologia comporta il pensare al counseling come qualcosa di differente. Non è un caso che molti scritti sul counseling ci tengono a differenziare il counseling dalla psicoterapia. Ma quale differenza tra counseling e psicologia? Non c’è traccia, non ho trovato riferimenti internazionali. Ecco, il primo punto è proprio riferito all’incapacità della psicologia di modernizzarsi ed essere intesa con un’accezione più ampia e corretta, cioè di definirsi professionalmente oltre la sola psicoterapia
In un contesto come quello definito al punto 1 sono nati corsi di counseling aperti a tutti. Questi corsi sono per la maggior parte tenuti proprio da psicologi o da scuole di psicoterapia (cioè corsi di specializzazione per psicologi o medici) che vedono impegnati molti psicologi. Questo comporta delle costrizioni economiche e commerciali. Quindi, facciamo un ragionamento squisitamente commerciale.
Soprattutto se il prodotto, il counseling, intercetta tutti coloro che vorrebbero aiutare gli altri (con una predisposizione quasi evangelica, caratteristica molto accentuata nel nostro paese). Quindi, il prodotto non deve avere restrizioni. Meglio ancora se il counseling si configura come una certificazione vera e propria, in modo che tutti devono passare dalla stessa formazione ed è possibile oltre a vendere conoscenze anche pezzi di carta che certificano. In questo meccanismo, che non per forza è alla consapevolezza di tutti, vi sono alcuni colleghi, alcune scuole di specializzazione e alcune università, cioè tutti coloro che si occupano di formazione sul counseling.
Un altro elemento che concorre allo sdoganamento del counseling è la percezione che occuparsi di psicologia è semplice, basta un poco di buon senso. Questa idea è supportata da tutte le comunicazioni “social” sulla psicologia che vogliono dare soluzioni e spiegazioni in pochi minuti (video, libri, minicorsi, conferenze).
Lo psicologo è colui che parla bene dicendo banalità senza metodo, tecnica né strumenti complessi. Per fare lo psicologo ci vuole poco. “Basta fare due chiacchere”. Quindi perché tutelare questa professione? La banalizzazione della psicologia giustifica il fatto che chiunque può occuparsene senza una formazione specifica, restituisce l’idea che il counseling è un colloquio che ti aiuta a scoprire le tue potenzialità, magari in 5 mosse o con 3 trucchi.
“No, ma negli altri paesi il counseling è riconosciuto”. Questa è quello che si sente dire quando si parla di counseling. Peccato che in Italia ci sono delle leggi più stringenti che nascono per tutelare i cittadini e che pretendono che vi sia un certo percorso formativo per accedere ad alcune professioni. Negli Stati Uniti vi sono delle notevoli differenze rispetto all’Italia ma nonostante questo anche l’associazione degli psicologi statunitensi riconosce il counseling come psicologico ma deve tollerare chi lo svolge senza essere psicologi. Da notare che in molti film americani quando nelle scuole vanno dal “counselor” in italiano è tradotto con “psicologo”. Anche in Inghilterra per esempio c’è stata una forte polemica quando si sono affacciati i “counselor” non psicologi.
In ultimo, ci si mettono anche le nostre istituzioni. Il nostro ordine nazionale si inventa una “Consensus Conference” per parlare del counseling, come se l’oggetto dovesse essere oggetto di “consensus” e di discussione.
“Non disturbare” è la parola delle nostre istituzioni, l’importante è non inimicarsi nessuno, ne va dei voti elettorali e dei buoni rapporti interni. Questa piccola politica professionale, politica del giorno per giorno, di corridoio, lascia il “mercato” come decisore, come se il “mercato” si preoccupasse della salute dei cittadini.
E infatti appena il nostro Consiglio Nazionale scopre del referendum ecco che si preoccupa di dire cose sul counseling che mai avevamo saputo prima, dicendo che le hanno sempre dette (ma quando?!).
Per questi motivi è importante partecipare al referendum che abbiamo indetto come AltraPsicologia,
perché non sia la piccola politica dei pochi che hanno interessi e una idea antica di psicologia a decidere del futuro della professione.
Penso che il counseling possa e deve essere un approccio pertinente agli studi della psicologia, una branca della stessa.
Purtroppo ho conosciuto un medico che alla fine della sua carriera ha frequentato un corso di counseling e senza alcuna preparazione psicologica si apprestava a svolgere, probabilmente con la benedizione dell’ordine dei medici, la professione di counselor ed era alla ricerca di luoghi nei quali svolgere il tirocinio. E’ accettabile? Basta essere medici per fare gli psicologi?
Che 5 anni di teoria e un anno di tirocinio (psicologia) prepari ad una relaziobe d’aiuto di più che 3 o 4 anni di continue esercitazioni, più teoria, più tirocinio, più sedute individuali (scuole di counseling serie), è tutto da vedere.
189.000 psicologi
150.000 nelle università di psicologia
Sono terrorizzati da mille counselor
Formati dalle scuole di counseling di psicoterapeuti
Direi che è tutta una diatriba economica
Invito i psicoterapeuti italiani di guardare gli States e sopratutto che nelle dipendenze sono una frana totale guardare gli studi e le statistiche sulle terapie e i 0,02%di guarigioni contro il 5%dei gruppi 12 passi che ignorano poiché gratuiti