L’Agenzia Europea per Sicurezza e Salute sul Lavoro (EU-OSHA) ha pubblicato la guida elettronica per la gestione dello stress lavorativo e dei rischi psicosociali. La guida si rivolge specificatamente ad aziende con meno di 50 dipendenti, ma è utile per qualsiasi organizzazione lavorativa.
La guida OSHA è molto valida perché chiarisce alcune questioni sullo stress lavorativo. In particolare, riconduce la definizione di stress alla concezione più attuale, cioè alla condizione di “squilibrio tra richieste e possibilità di affrontarle”.
Svincolandoci definitivamente dalla definizione di stress di Selye (approccio del 1956 con taglio prettamente patologico: “stress come conseguenza sulla salute”) che imperversa ancora sia nei corsi di formazione sullo stress lavorativo sia nei manuali universitari, è possibile che il rischio stress lavoro-correlato nella cultura lavorativa italiana assuma la corretta collocazione con enormi benefici per tutti.
Infatti, rimanendo agganciati alla vecchia concezione di stress, ne discende che per poterlo gestire è prioritario intervenire a livello clinico. Invece, configurando lo stress lavorativo con un taglio psicosociale, come indicato dalla guida OSHA, gli interventi di gestione e valutazione saranno mirati soprattutto alle condizioni di lavoro e meno sugli individui.
La guida, inoltre, riporta un’interessante selezione di “miti” sullo stress: quasi tutti li possiamo ritrovare nella nostra cultura lavorativa. Per ogni mito vi è un semplice e utile chiarimento (“realtà”).
Nella parte della “valutazione” dello stress lavorativo la guida OSHA riporta per ogni paese un documento ufficiale; per l’Italia vi è la guida INAIL con all’interno la check-list per la “valutazione preliminare” che, per quanto abbia cercato, non ha alcuna validazione né alcuna certezza di misurare effettivamente lo stress.
Questo significa che se da una parte c’è una consapevolezza che le condizioni di lavoro siano in qualche modo rischiose per la salute (soprattutto psicologica), dall’altra sembra che non vi sia altrettanta cognizione di come affrontare questo rischio specifico. Inoltre, se ci affidassimo alla famosa check-list INAIL vi è un’elevata probabilità che non risulti un rischio stress lavorativo con il conseguente consiglio di non fare nulla e rivalutare dopo qualche anno.